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Udo Elzi – Udopie


Dentro il lavoro di Udo Elzi c’è la ricerca di una femminilità libera dalle costrizioni, dai vincoli formali in cui è stata rinchiusa dalle convenzioni sociali ed economiche. In un dialogo (intercorso fra noi), l’artista parlava di come all’inizio vedesse le donne come birilli, volumi rigidi e schematici. I birilli dondolano, giocano, si muovono, ma sempre chiusi in un contenitore geometrico, in un solido quasi stereometrico: da qui anche in parte deriva il suo vedere i corpi come forme meccaniche.

La liberazione della donna negli anni '60, ( il taglio dei capelli alla maschietta ne è forse l’aspetto più immediato che viene alla memoria) lascia una traccia anche nel lavoro di Elzi che intraprende una ricerca fondata su un segno più morbido, continuo, a tutto campo nel foglio. Il segno si fa via via più sicuro, più solido, scevro da dettagli narrativi o naturalistici: mancano i volti, infatti è soprattutto la linea scarna ed essenziale che descrive e che diventa protagonista. C’è un etica quasi protestante, calvinista, nel procedere del suo lavoro: comunicare il corpo significa rivelarne l’essenza, la forza intrinseca e non gli orpelli aggiuntivi, che forse sono spesso solo un autocompiacimento della bravura dell’artista.

Parlando del proprio lavoro di grafico egli afferma “ l’alfabeto serve per comunicare, per lasciar leggere dei contenuti, non per fare esercizio di bella grafica”. Facendo bene il proprio lavoro di grafico si ha una responsabilità etico sociale volta a comunicare dei contenuti e non di autogloriarsi per la propria bravura. (ma questo messaggio dovrebbe valere per tutte le professioni e non solo per quella di grafico).


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