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Maurizio Molgora - Paparazzo

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La poetica dell’istante

27 maggio 2011, ore 15.30 – In uno dei due passaggi che danno sul lago tra i Palazzi Gargantini di Lugano vengo fermato da uno sconosciuto, una fotocamera in mano. Mi chiede, non senza una certa sorpresa e diffidenza da parte mia, se può fotografarmi. Alla mia domanda se debba mettermi in posa o meno, mi risponde di non badare a lui, di continuare tranquillamente come se non ci fosse. Mentre parliamo penso a quel principio umanistico della creazione artistica che ne pone l’origine nella casualità. Avevo appena incontrato Maurizio Molgora, ma non sapevo ancora che sarebbe stato l’inizio di una frequentazione che continua tutt’ora. Non potevo sapere che col tempo sarei stato coinvolto nel suo mondo d’immagini.

22 luglio 2011, ore 18.30 – Rivedo Molgora a una vernice al Museo Moesano di Grono. Tra la gente giunta nella torre medievale, appartato, scatta foto al pubblico davanti alle opere esposte. Rispetto alla visuale del soggetto si pone sempre in un angolo, come in uno spazio secondario, dimenticato, che occupa con discrezione, spettatore attento del momento. Quando scopro l’album della serata, mi distraggono delle fotografie che ad essa non appartengono, fotografie altre, apparentemente avulse, come dei ganci da macellaio che pendono come pendevano i dipinti, la statua di un santo colta forse in una sacrestia, luogo di custodia della sacralità messa in un cassetto, come nell’evento… pendevano i dipinti, un corridoio vuoto, un fiore, un barbone che dorme in qualche sottopasso, tutte immagini che seguono riflessioni, suggestioni intime che in parte mi sfuggono. Realtà diverse si sovrappongono, diventano racconto e penso ad una frase di René Magritte: "La mente ama l'ignoto. Ama le immagini il cui significato è sconosciuto, poiché il significato della mente stessa è sconosciuto." (autore: Paolo Blendinger)


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